EMOTIONAL EATING: AFFRONTARLA IN QUATTRO PASSI

FAME NERVOSA. LE STRATEGIE PER COMBATTERLA
di Pasquale Rossi


Vi è mai capitato di essere alla fine di un pasto soddisfacente con degli amici, quando sul tavolo improvvisamente spuntano dei dolci, che non avevate preventivato come calorie aggiuntive, e  vi ritrovate irrefrenabilmente a rimpinzarvi nonostante foste già pieni, per poi  provare come un senso di colpa per averli mangiati? Oppure vi è mai successo di sentirvi soli a casa,  con una specie di senso di vuoto, aprire la dispensa mettendovi a mangiare dei biscotti, ma di accorgervene quasi quando il pacco è finito? O ancora di avere un irrefrenabile voglia di un gelato di sera tardi, scendere e mettervi a girare in auto finchè non trovate una gelateria aperta? Sono questi alcuni dei meccanismi comportamentali causati dalla emotional eating, letteralmente in italiano “fame emotiva”, ma la cui traduzione più esatta potrebbe essere  “mangiare per compensazione”.
Con il termine "emotional eating"  si intende quel fenomeno per cui chiunque abbia una emozione forte, di cui o non si  è consapevoli o che non riesce a  gestire,  la sfoga attraverso il mangiare compulsivo. Queste emozioni forti e sgradevoli, possono avere qualsiasi origine: un diverbio sul lavoro  col capo,  una discussione col partner o con un figlio, quando si fa qualcosa controvoglia o se ci si sente soli. Esse  tendono a somatizzarsi  in dei sintomi oppure fanno  sentire giù di umore aumentando i livelli di stress. il cibo, in particolare quello ricco di zuccheri o di calorie, definito “cibo comfort” o anche “cibo spazzatura” può fronteggiare temporaneamente tale stato. Ma perché abbiamo bisogno di “cibo spazzatura” per ridurre l’ansia? Poiché i cibi spazzatura, solitamente alimenti industriali ricchi di zuccheri e grassi, ma poveri di vitamine e antiossidanti naturali, sono studiati appositamente per essere appetibili al gusto ma non per fornire i nutrienti necessari all’organismo. In ogni caso  l'innalzamento improvviso del livello di zucchero nel sangue genera  una sensazione immediata di benessere. Questa sensazione è però di temporanea durata e quando il livello di zucchero scende, l'umore si abbassa nuovamente e si inizia a sentire impellente il desiderio di altri zuccheri, dando così vita al  meccanismo della spirale della dipendenza che è all'origine di quasi tutti i problemi di sovrappeso ed obesità. Al pari delle droghe tale effetto produce dei cambiamenti neuronali nel cervello,  per cui gli effetti piacevoli  tendono a diminuire in modo brusco e attraverso un meccanismo di tolleranza fanno aumentare la richiesta di  quantità maggiori di zuccheri. Una volta che l’esperienza piacevole del mangiare certi cibi viene associata ad un aumento della trasmissione della dopamina si sente rapidamente il bisogno di  assumere nuovamente quei tipi di alimenti. I segnali di ricompensa del cervello prodotti dallo zucchero o da cibi particolarmente gradevoli al palato possono coprire altri segnali chimici  di pienezza e soddisfazione trasmessi da altri ormoni, come ad esempio la leptina. Il risultato è che si continua a mangiare, anche quando non si ha bisogno effettivo di cibo. Si  ritiene che il meccanismo della fame nervosa sia il maggiore responsabile del peso in eccesso e che tali meccanismi complessi rendono non facile liberarsi dalla dipendenza dal cibo, al pari di altri forme di dipendenza. L’emotional eating  possiede quindi alla base meccanismi biochimici e psicofisiologici molto potenti, del tutto simili a quelli della dipendenza fisica e psicologica dagli stupefacenti;  ecco perché può interferire con la volontà di voler cambiare abitudini alimentari o perdere peso semplicemente con la dieta. Per sconfiggere la dipendenza dal cibo è importante che venga utilizzato un approccio integrato tra nutrizionista e psicoterapeuta che affronti radicalmente il problema, agendo sulle abitudini alimentari sbagliate, riconoscendone e controllando gli stimoli emotivi che portano a condotte alimentari compulsive attraverso specifici interventi di psicoterapia e gestendo il problema fondamentale dell’ansia che è alla base dell’emotional eating.

In certi casi quando i conflitti o i livelli di ansia sono molto forti è richiesto un intervento articolato  di psicoterapia per superare il problema.  Il rapporto col cibo dal punto di vista simbolico, emozionale e comportamentale è fortemente soggettivo  e bisogna stabilire strategie individualizzate per affrontare il problema. La PsicoNutrizione abbina un programma nutrizionale ad un lavoro psicologico specifico sulle cause, sui meccanismi emozionali e comportamenti compulsivi  presenti nel soggetto. in molti altri casi, sembrano agire alcuni  schemi di base abbastanza comuni. Semplici strategie di coping abbinate ad una buona motivazione di fondo e volontà possono dare risultati soddisfacenti.

Vediamo alcuni semplici passi per affrontare l’emotional eating.
1° passo:  Prendere consapevolezza ( dello stato d’animo o emozione sottostante all’improvvisa ed irrefrenabile voglia di mangiare). Alla base di questo disturbo bisogna riconoscere che si è strutturato un comportamento spesso automatico ed inconscio che serve a ridurre l’ansia. La prima cosa da fare è portare consapevolezza su questo comportamento automatico a cui di solito non diamo importanza scambiandolo per fame vera. Il primo passo è dunque fermarsi un attimo, quando ci viene improvvisamente voglia di mangiare e chiederci : “Ho veramente fame e bisogno di questo gelato, merendina o cioccolato? Oppure ho bisogno di qualche altra cosa? Forse è meglio che mi fermi un attimo per riflettere ed osservare i miei stati d’animo. Come mi sento in questo momento? A cosa stavo pensando poco fa? Forse mi sento annoiato,  arrabbiato, insoddisfatto o semplicemente stanco? Alcune volte fermarsi e bloccare quella risposta automatica allo stimolo attraverso la consapevolezza, l’osservazione e l’introspezione può già essere sufficiente ad interrompere il gesto automatico di mangiare. La fame nervosa ha un esordio improvviso e compulsivo, ma è anche vero che lo stimolo, se riusciamo a fermarci e non rispondere nel modo solito, tende a scemare.
2°  passo:  Fare qualcosa d’altro L’ideale sarebbe far fronte al bisogno reale che provoca l’ansia o esprimere l’emozione che l’alimenta. Quindi fare qualcosa di stimolante se si è annoiati, cercare qualcuno con cui stare se ci si sente soli, affrontare il problema che ci affligge. Non sempre però è possibile mettere in atto il comportamento appropriato che consentirebbe una riduzione dello stato di ansia.
3° passo: Sostituire con un nuovo rituale la vecchia sequenza comportamentale frustrazione- ansia -stimolo di mangiare-assunzione di cibo automatica o incontrollata.  Una sequenza di comportamenti alternativi, come nuovo rituale, potrebbe essere: 
 1) Bere. Alcune volte il nostro organismo ha bisogno di acqua, ma tale stimolo viene scambiato per fame. 
2)  Fare del movimento aerobico, senza sforzo. Potrebbe trattarsi di camminare a passo veloce, per alcuni minuti, scendere o salire delle scale, o se si è costretti in casa, fare alcune flessioni o esercizi di aerobica, ginnastica dolce, movimento rigeneratore o tai-chi. In mancanza di fantasia semplicemente alzarsi e sedersi da una sedia per alcuni minuti. Non è importante l’intensità dell’esercizio o le calorie che si bruciano, ma il fatto che  l’organismo associ il vecchio stimolo con una nuova risposta. 
3) Annotare ora su un taccuino i  nuovi comportamenti adottati, le sensazioni e le emozioni provate.  Solo  se si ha ancora fame, provare  a mangiare un alimento fresco ed ipocalorico come carote, finocchi o sedano, pensando ai benefici che tali alimenti possono fornire al corpo ed al cervello attraverso le vitamine e gli antiossidanti contenuti . 
4° passo: Rilassarsi.  Distendersi immobili e con gli occhi chiusi, concentrarsi sul respiro e sull’aria che entra ed esce dai vostri polmoni. Respirare in modo lento e continuo con le narici, per una decina di minuti ascoltando musica soffusa e rilassante, dal ritmo lento. Se siete riusciti a bloccare il vecchio schema automatico di mangiare compulsivamente è probabile che sentiate in voi energia, autogratificazione e convinzione che potete farcela.

Dott.Pasquale Rossi . Psicoterapeuta, Psicologo, Biologo.



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